Uno come Rosario… felice come pochi
Uno come Rosario non poteva non ispirare amore ed affetto incondizionati. E questo non necessariamente per la sua naturale “debolezza”, ma per la gioia che riusciva a donare con le sue visite tanto puntuali quanto gradite.
Sentirmi chiamare “Carmine” (evidentemente l’assonanza delle sillabe gli rendeva più facile questa “interpretazione” del mio nome) mi divertiva, ma ormai era diventata una sorta di piacevole abitudine; al pari delle riflessioni sul Napoli, delle sue “benedizioni solenni” improvvisate su richiesta, dei riferimenti all’adorata Valentina e a “Liscia“, delle esibizioni con l’inseparabile armonica a bocca e della bottiglia di thé in frigo, sempre presente solo per lui perché il caffè “fa mà u’stò“.
Difficile spiegargli le assenze prolungate di Tony, di cui chiedeva il perché ogni giorno fino al suo rientro, magari con qualche parolaccia; splendido comprendere finalmente la sua definizione di “oggi” riferito al pomeriggio, perché “domani” era la mattina e andava dedicata -manco a dirlo- alla scuola, la sua passione di sempre che gli ha fatto incrociare due generazioni di studenti che l’hanno amato come uno di loro. Chissà, forse era anche questo modo scanzonato di vivere senza il senso del tempo che lo rendeva ancor più felice; felice come pochi, tra i “normali”, sanno essere. Impossibile, parimenti, dimenticare la sua mano stretta che, negli ultimi giorni, dedicava a chi voleva bene nonostante la sua atroce sofferenza.
Rosario, eterno “guaglione” di 59 anni, era una persona speciale e, per certi versi, un monito su quanto sia importante, molto spesso, sorridere di più alla vita.
Ciao, amico. Ti porto nel cuore!
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#iloveischia, ovvero “nemo propheta in patria”
(dal quotidiano “Il Dispari”, pag. 11 – domenica 30 marzo 2014)
Esordisco ringraziando Federalberghi Ischia per l’iniziativa che questa volta, a differenza dell’impostazione classista conferita all’incontro con Franco Grasso nell’ottobre scorso all’Hotel Le Querce, è stata diffusa senza indugio verso chiunque fosse interessato a parteciparvi, peraltro con strumenti di iscrizione moderni e facilmente accessibili per tutti.
Ciò detto, sarebbe fin troppo facile, con un copia/incolla dal mio 4WARD del 24 ottobre (che potete ritrovare su internet cercando “I guru forestieri del turismo”), completare quest’articolo mutuandone alcuni passaggi fondamentali, perfettamente riciclabili all’occorrenza. Invece, sperando sulla Vostra buona memoria o sulla voglia di riscoprire quei passaggi rileggendo il pezzo, in questa sede preferisco ringraziare il team di BTO Firenze per la sua presenza. E più avanti Vi spiegherò il perché!
Il sottotitolo di #iloveischia era “lezioni di turismo”: bene, ho cercato di capire per la quasi totalità degli interventi in programma cosa ci fosse da imparare, pur essendovi culturalmente sempre predisposto. Mi ha risolto il dilemma uno dei relatori, quando ha affermato con forza che “non esistono al mondo corsi di turismo”. Perfetto, piccolo problema di comunicazione risolto alla grande, ma la sostanza ha continuato a latitare. Fino allo speech di Mirko Lalli, posso dire senza esitazione (e senza entrare nel merito del suo intervento, anche se i risultati di quella ricerca ISCHIA su Google per dimostrare il malfunzionamento dei nostri siti è stata a dir poco penosa sul piano professionale) di aver ascoltato una miriade di solenni ovvietà ed enunciazioni tutt’altro che concretamente rapportate alla nostra realtà. Una sensazione che, gioco forza, mi ha accompagnato con fastidio per tutta la durata degli incontri, quasi più degli sguardi soddisfatti e delle espressioni servilmente accondiscendenti di buona parte dei giovani operatori del settore presenti in sala.
Non avevamo certo bisogno di Robert Piattelli e dei suoi accoliti per sapere che “Turismo siamo noi”: lo predicava dalle colonne del suo quotidiano il compianto Domenico Di Meglio sin da una quindicina d’anni fa. Non siamo nuovi (visto che l’abbiamo studiato alla Bocconi più di dieci anni fa) al concetto che senza soddisfazione e benessere per i residenti non può essercene neppure per i turisti. Siamo sempre stati, da 27 anni a questa parte, sostenitori di un modo di comunicare denso di contenuti veri, affinché il “what you see is what you get” rendesse credibili sia le nostre consulenze, sia il messaggio dei nostri Clienti ai loro Ospiti, nel rispetto di uno degli elementi base del marketing mix. Che la brand identity italiana fosse in calo rispetto al 2012 l’ho scritto nel mio 4WARD del 9 gennaio su ILDISPARI.IT; ma a quanto pare, nonostante i 25 like e le oltre 2000 letture, tutti gli astanti ne sono parsi sorpresi. Quanto alla genuinità, alla tipicità e all’identità, ricordo con fierezza e nostalgia al tempo stesso la foto di Nonna Memena, divenuta un’autentica icona per gli Ospiti che la vedevano ritratta mentre, con il suo “canisto” in testa, portava ogni giorno ai nipoti Ciro ed Anna in quel dell’Eden i frutti del suo orto generoso; o ancora l’altro scatto memorabile del grande Mauro Galligani, che per noi ritrasse Don Ciccio Impagliazzo e il suo collaboratore nel kitchen garden del Sorriso Resort, con il primo che puliva i fagiolini e il secondo che coglieva i limoni da un rigoglioso pergolato, per poi trasferire il tutto in cucina: come dire, di alimentazione chilometro zero ne parlavamo già oltre dieci anni fa. E anche nelle nostre esperienze nel pubblico, abbiamo invocato da tempi non sospetti la necessità di “fare sistema”, con una sinergia tra pubblico e privato degna di una località turistica importante come Ischia.
Questo giorno e mezzo nella sala dello splendido museo diocesano, al di là dei selfies d’ordinanza con sorrisi smaglianti e il cartello bianco e rosso #iloveischia tra le mani, unitamente al giusto entusiasmo che traspariva dai volti di questi ragazzi felici di aver portato ad Ischia i postumi di un’esperienza fiorentina che sia io, sia il direttore di questo quotidiano, avevamo vissuto qualche anno fa da unici ischitani presenti, non sarà certo la panacea dei problemi di comunicazione e di posizionamento del nostro turismo e, in particolare, di gran parte delle loro strutture ricettive. Resteranno le foto tremende che girano tra i cataloghi dei tour operator (se ne potrebbe pubblicare una collezione da museo degli orrori) o sui siti raffazzonati -spesso self made– che ancora girano in rete, insieme alle piccinerie da “piccolo centro” che impediscono di riflettere sul fatto che molto spesso, con un briciolino di rispetto e fiducia in più nel prossimo più vicino, determinate conoscenze potrebbero essere costantemente a portata di mano.
Abbiamo il peccato originale di essere ischitani e tanto basta. Ma nonostante ciò, come ho scritto in premessa, ringrazio il team di BTO Firenze, perché proprio grazie al loro lavoro di questi ultimi giorni ad Ischia, molti di noi addetti ai lavori hanno potuto avere conferma (ammesso ce ne fosse stato bisogno) di non essere esattamente gli ultimi arrivati. Servirà a poco, questo è sicuro, ma nella vita si vive anche di piccole soddisfazioni!
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Adisu L’Orientale: un’ottima esperienza!
Circa venti giorni fa (lo scrivo solo ora per mera mancanza di tempo) ho rassegnato le mie dimissioni dalla vicepresidenza dell’Azienda per il Diritto allo Studio Universitario “L’Orientale”, una realtà importante che tutela le attività e le esigenze degli studenti dell’omonima, rinomata Facoltà, del Conservatorio San Pietro a Majella, dell’Accademia delle Belle Arti e dell’Accademia della Moda di Napoli.
In circa un anno e mezzo di attività, insieme all’amico presidente Antonio Manfredi, ai Colleghi consiglieri (sia quelli rappresentanti il corpo docente e studentesco, sia quelli di nomina regionale), all’ottimo direttore amministrativo Umberto Accettullo e al nuovo collegio sindacale, siamo stati in grado di porre in essere iniziative importantissime, di cui alcune bloccate da anni nella classica inerzia che, spesso, insidia il “pubblico” e ne paralizza le attività.
Mi piace ricordare, tra quanto realizzato, lo snellimento della burocrazia interna all’Azienda, l’ottimizzazione dei rapporti con l’Ente Regione, il passaggio a una sede finalmente decorosa, facile da raggiungere, priva di barriere architettoniche e, cosa non da poco, più economica della precedente. E, ultimo solo cronologicamente, lo sblocco della situazione relativa alla residenza universitaria, che molto presto metterà finalmente a disposizione degli Studenti una struttura nuova, funzionale e all’avanguardia.
Le mie dimissioni rappresentano un atto dovuto, in base alla correttezza, coerenza e rispetto delle regole che mi hanno sempre contraddistinto e da cui alcune mie scelte di prospettiva, oggi come sempre, non potevano prescindere.
Ho già provveduto (e lo faccio nuovamente da questo mio blog) a ringraziare il Presidente della Giunta Regionale Caldoro e quello del Consiglio Regionale Romano della fiducia accordatami, che ritengo aver pienamente ricambiato con l’impegno che sono solito profondere in tutte le cose che faccio.
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