Ricercare nuovi mercati: un atto dovuto che condanna l’Italia

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La ricerca all’estero di nuovi mercati per le aziende italiane rappresenta un atto dovuto e una concreta opportunità di sviluppo per i suoi imprenditori. Russia, Brasile, Cina, Emirati Arabi, India, sono ormai alcune tra le mete più gettonate dalle aziende italiane pronte e ben organizzate all’esportazione, che in breve tempo vi riescono a raccogliere numeri più che interessanti in termini di fatturato.

Al tempo stesso, è deprimente come questa pratica ormai diffusissima sottintenda un naturale, progressivo regresso della qualità dell’economia di casa nostra. A ciò si aggiunge la dismissione della forza lavoro da parte di molte realtà produttive, pronte a trasferirsi senza particolari problemi in quei paesi dove gli oneri di manodopera per l’imprenditore sono molto più bassi rispetto all’Italia.

Si parla di progressiva ripresa dell’Italia e dell’Europa; ma a dire il vero, in concreto, i segnali sono tutt’altro che incoraggianti. Le parole hanno ancora il sopravvento sui fatti e all’orizzonte non vi sono provvedimenti seri in grado di sostenere l’impresa e i lavoratori con adeguati incentivi per tutti.

Rivolgere attenzioni verso l’estero, in un senso o nell’altro, aiuta di certo le imprese ma, di fatto, condanna lo status politico, economico e sociale della nostra nazione.

 

 

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‘E signure d’agosto: tutto cambia!

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Oggi, parlando con un amico, ascoltavo una sua riflessione sul “pubblico d’agosto” qui ad Ischia. Il suo “che schifezz ‘e ggent” è più che condivisibile, ma merita un approfondimento.

Quando ero piccino, ricordo che i grandi incassi del nostro turismo, quelli che ti cambiavano la vita, avvenivano proprio in luglio e agosto. Quest’ultimo mese in particolare, nel pieno rispetto dell’antico aforisma “chi p’aust nun s’è vestut, viern ‘nguoll c’è vvnut“, rappresentava la vera panacea contro gli oltre sei mesi da isolani-semi isolati.

Ma chi erano i protagonisti dei mega-proventi di tutti (bar, ristoranti, nights, taverne, negozi etc.)? Non avevamo certo personaggi del calibro di Carolina di Monaco o di Giorgio Armani (i quali, pur frequentando l’Isola, ben si guardavano dal frequentare le zone di alta ressa). Allora come oggi, erano ‘e signure a darci da vivere. E in quella definizione, era semplicissimo includere di tutto: tanto i posillipini e i vomeresi bene, tanto i contrabbandieri di sigarette, i pregiudicati, i cafoni arricchiti. Persone che in comune non avevano certo il look (voce bassa, dizione ed accenti esasperati, soft walking e puzza sotto il naso per i primi; catenoni e bracciali d’oro su petti e braccia villose, screaming a tutti i costi e rigorosa platealità per i secondi), ma senz’altro l’origine partenopea e i soldi da spendere. E soprattutto, li univa la voglia di far bella figura, concedendosi il meglio spendendo e spandendo sotto gli occhi di tutti, per la gioia di noi Ischitani.

Oggi la matrice dei nostri frequentatori agostani non è cambiata granché. Ma all’impronta cafonal, in un verso e nell’altro, è subentrata la scostumatezza e l’esasperazione di esponenti di nuove generazioni campane, pronti a calpestare, pur di inutilmente emulare, quei valori per i quali il più incallito dei loro predecessori in vacanza ad Ischia sarebbe stato pronto finanche a un regolamento di conti. Il delinquentuccio di quartiere ha preso il posto del boss, ma il suo atteggiamento è tanto inadeguato quanto rivoltante a trecentosessanta gradi, privo di quella discrezione e, soprattutto, quell’autorevolezza che, per chi osserva, va ben oltre il timore della ritorsione, qualunque essa sia.

Difficile immaginare una svolta, di questi tempi, laddove anche il rispetto del Codice della Strada sembra rappresentare una chimera. Un concetto ancor più difficile da digerire, se pensiamo che, con le dovute proporzioni, neppure dai nostri giovanissimi ischitani sembra che possiamo aspettarci granché di buono. Dove arriveremo? Intanto, ad agosto, questa è la vita ad Ischia!

(photo: imperatoreblog)

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Un Paese sempre più alla deriva

 

Che sia finita un’epoca e naufragato un progetto, l’ho scritto da tempo e non ho certo bisogno di ripeterlo oggi, unendomi alla lunga coda di giustizialisti, qualunquisti e mediocri a cui non credo di appartenere. Parimenti, è chiaro a tutti che oggi i sistemi politici e giudiziari italiani escono sconfitti alla grande, non fosse altro che per il reciproco servilismo cui sono assoggettati.

Questo vorticoso accanimento giudiziario rischia seriamente di elevare Silvio Berlusconi allo stadio di autentico martire. E sebbene anche questa sia una condizione decisamente esagerata (perché di cazzate ne ha fatte sicuramente tante), il leader del centrodestra avrà ancora una volta, grazie ai tantissimi suoi avversari nei vari palazzi che contano, l’opportunità di dire la sua in un panorama politico che, non riuscendolo a sconfiggere sul piano elettorale, ritiene molto più comodo affidarsi ai suoi vari scivoloni per tentare di eliminarlo dalla scena tramite la Magistratura.

La verità, però, resta una sola: questo Paese è totalmente alla deriva. E per riportarlo sulla giusta rotta, credo che ormai non ci sia bussola o gps che tenga!

 

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