Un vecchio ricordo da baule in soffitta.

L’isola d’Ischia “calcistica” spaccata da Sarri alla Juventus, azzurri e bianconeri di casa nostra si spadellano sui social nell’esprimere le loro opinioni, il mondo del pallone affronta con una passione forse eccessiva un argomento calcistico che, per tanti, è diventato quasi una questione personale.


I tifosi del Napoli si sentono fondamentalmente traditi da quello che, in tre anni di guida tecnica dei loro beniamini, era diventato senza se e senza ma il “Comandante” di un’autentica quanto effimera rivalsa calcistica e sociale. I fans juventini, invece, da una parte cavalcano la tigre della delusione dei loro principali antagonisti locali quale ghiotta occasione di sfottò; dall’altra, malcelano la loro delusione di aver dovuto “ripiegare”, dopo i vacui annunci ad effetto del possibile arrivo di Guardiola, su un tecnico che hanno sempre denigrato e sottovalutato e di cui ora, in modo tutt’altro che credibile, fanno di tutto per rendersi credibili nel riconoscere le qualità estetiche ed essenziali nei risultati del gioco che riesce a far esprimere alle squadre che guida.


Che Maurizio Sarri sia un maestro di calcio, con tutti i limiti di chi non è granché abituato a gestire rose nutritissime nonché storicamente poco incline a cambiare il suo modulo tattico, è un dato di fatto. Altrettanto inequivocabile è la sua scarsissima capacità di essere coerente con molte delle sue dichiarazioni, che -come ho avuto modo di scrivere in uno dei miei recenti editoriali- rilasciarle con meditazione e prudenza è dote fondamentale per chi approda a certi livelli di professionismo. Proclami populistici inneggianti “fino al palazzo”, alla necessità di adottare maglie a strisce “così un rigore finalmente ce lo daranno”, o appelli a una normalità economica tipicamente di sinistra perché “sono già fortunato a essere pagato bene per lavorare con la mia principale passione”, salvo cambiare idea appena un anno dopo con “non mi sono ancora arricchito col calcio, vorrei farlo in futuro”, sono solo alcune delle sue uscite infelici che oggi fanno il paio con mille altre contraddizioni prodromiche a quel passaggio in bianconero per il quale, non più tardi di febbraio 2017, la sola notizia di un contatto con la società degli Agnelli annunciata senza condizionale da un quotidiano nazionale fu commentata con: “Sto valutando se ci sono gli estremi per una querela. Anzi, gli estremi ci sono, stiamo solo valutando se farlo”. Solo per la cronaca… non ci fu alcuna querela!


Che piaccia o no, nel valzer delle panchine di quest’anno in serie A, il ruolo di primo ballerino lo ha certamente conquistato lui! E al di là di ogni legittima ambizione o previsione, per Maurizio Sarri questo con la Juventus rappresenterà un delicatissimo banco di prova. E chissà che qualcuno, oltre a riuscire ad imporgli il dress code sociale, sarà anche in grado di limitarlo nelle sue -spesso infelici- esternazioni. Ma comunque andrà, stento a credere che l’ormai ex comandante azzurro riuscirà a far breccia nei cuori bianconeri come il tanto vituperato Allegri nel dopo-Conte. Una cosa è certa: in terra di Parthenope, gioia e rivoluzione sono ormai solo un vecchio ricordo da baule in soffitta. E per i figli del Vesuvio, da oggi c’è un nemico calcistico in più, un sedicente comunista che ha imparato finanche a viaggiare in jet privato.

(da “Il Dispari” del 18 giugno 2019)

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